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venerdì 17 marzo 2017

#libri: Corpi, Antonio Giugliano

Nuovo appuntamento con lo spazio dedicato esclusivamente agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ e il portale Chanceincomune.it, due siti ricchi di recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo. 

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere. 

E allora proseguiamo la nostra avventurosa partnership, con la recensione di una giovane esordiente dall'indubbio talento: quest'oggi parliamo di Corpi di Antonio Giugliano: buona lettura!


Narrare l’amore romantico, quello più canonico, edulcorato dalla poesia, dalla narrativa rosa, è semplice, rassicurante, forse banale.
   Ma narrare di amori malati, carnali, sporchi, fatti di sesso, di perversioni, di momenti di violenza talvolta completamente gratuita, ecco che diventa difficile, fastidioso, fa venir voglia di nascondere la polvere sotto i tappeti, e i pensieri nei meandri più profondi e oscuri della mente.

Ma a sollevare questa cortina di ipocrisia ci ha pensato Antonio Giugliano, che con la sua silloge “Corpi”, colpisce il lettore senza mezze misure.
   Infatti Giugliano non ha timore di turbare o scandalizzare chi legge, anzi, è forse proprio questo che cerca: una critica feroce e “politicamente scorretta” al rapporto fra i sessi, una prosa dura costellata di termini volgari, forti, rubati al parlato e fortemente evocativi di situazioni che disturbano il lettore gettandolo in una dimensione tutto fuorché rassicurante.

Una cartina al tornasole che ci racconta l’aspetto più patologico del rapporto di coppia ma, soprattutto, del rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso, un mondo pornografico e dolceamaro dove incubi e spauracchi del presente e del passato riemergono prepotentemente e dove è incredibilmente semplice perdersi, un po’ meno riuscire a fuggirne.

Una prova notevole che avvicina il giovane autore alla narrativa più cruda e alla grande tradizione letteraria degli anni Novanta, alla Irvine Welsh, per intenderci, un autore che non ha timore di sporcarsi le mani nel sudiciume della società contemporanea, trapassando più volte, e a fondo, il limite tra moralità e indecenza, tra realtà e onirico, tra terrore e tentazione.

giovedì 9 marzo 2017

#libri: Quisilio Miraglia, il punto d'incontro tra poesia e critica sociale

Esistono numerosi e vari modi di esprimere un disagio, specialmente quando si parla d’arte: c’è chi straccia una tela con un coltello, chi la dipinge con violenza, affidandosi interamente a materici e nervosi schizzi di colore, chi urla la propria rabbia in musica, e chi decide di farlo giocando con le parole.

Nella schiera di questi “poeti sovversivi” troviamo sicuramente Quisilio Miraglia, casertano classe 1993: diplomato al Liceo Scientifico di Mondragone, laureando in Letteratura, Musica e Spettacolo presso la Sapienza di Roma, membro del collettivo artistico Menti Colorate, nonché direttore “della censura” in Rapsodia - rivista letteraria indipendente, fondata con l’amico Claudio Landi nel 2014.

Il buon Quisilio è maestro nella nobile arte della poesia e dei giochi del linguaggio, capace di giocare sui rapporti tra ritmo e senso implicito del testo; d’altro canto, da uno che si dichiara “contro ogni forma di misticismo/romanticismo/estetismo/aulicismo poetico” e che “preferisce la forma al contenuto, pensando il contenuto come forma e la forma come contenuto”, non potevamo aspettarci diversamente.

Per quanto riguarda la sua produzione letteraria, a colpire particolarmente sono alcuni “Giuochi di lingua e altri crimini”, componimenti che si avvicinano alla tradizione popolare dello scioglilingua, della filastrocca soltanto apparentemente infantile, carica di allitterazioni che, dietro al godimento acustico della lettura ad alta voce, nascondono riflessioni ben più amare.




Come nel caso di Metropolithanatos III:

Nelle zone d’ombra della cloaca mentale
la cimice del cemento scava a ritmo letale
tra le membra sfatte del sistema decimale
movimento consumato in un rito materiale
godimento stitico, libido fiscale
sacramento offerto all’omelia industriale
nel processo virale dell’asservimento
disperdo il seme spento dell’io animale
riferisco in digitale l’auto-annullamento
le sensazioni crude, al di là del condimento
[assioma laterale
del nostro fallimento]
ripulisco i nervi nascosti in superficie
i bisogni meccanici numerati a matrice
[memoria larvale
di una scomoda radice];
negli emicicli vuoti della gloria morale
la pietra gorgheggia il decreto finale:
– castrare il dio che non possa generare
demolire i simulacri per poter ricordare
violentare lo sguardo per riuscire a vedere
dopotutto: meglio tradire che imbalsamare

Una critica ben oculata potrebbe, in questo caso, annientare la potenza dei versi, per cui occorre muoversi con cautela: il messaggio, pur abbellito e impreziosito da gorgheggi stilistici, sintattici e morfologici, arriva forte e chiaro, la critica sociale al mondo contemporaneo è come uno schiaffo in faccia al lettore che, probabilmente, legge con un occhio allo smartphone e la mente altrove – d’altronde è forse questa l droga più potente del XXI secolo.

Guai a pensare troppo, guai a guardare al passato cercando di trarne insegnamento e monito per il futuro,  guai ad ammettere il fallimento di una società così evoluta e, allo stesso tempo, così “deficiente”.
   Non c’è spazio per il libero pensiero, non c’è spazio per il libero arbitrio, la “morte metropolitana” avvolge tutti nella sua nebbia, nella sua cortina impenetrabile, e noi possiamo scegliere di assuefarci o combattere, anche soltanto a colpi di versi e ironia pungente. 

"Questo articolo è apparso su Paper Street. Per gentile concessione"
http://www.paperstreet.it/cs/leggi/quisilio-miraglia-il-punto-dincontro-tra-poesia-e-critica-sociale.html

giovedì 2 marzo 2017

#libri: Fuori dal baratro! Cultura cittadina e perversioni moderne, Eliaba

Nuovo appuntamento con lo spazio dedicato esclusivamente agli scrittori esordienti, nato in collaborazione con il sito http://www.recensioniperesordienti.it/ e il portale Chanceincomune.it, due siti ricchi di recensioni, focus e interviste agli autori che si affacciano per la prima volta nel variegato mondo letterario che noi lettori famelici tanto amiamo. 

Per chi di voi ancora non lo conoscesse, provvedete subito, mi raccomando: RecensioniPerEsordienti.it è un portale online nato dalla passione di un gruppo di ragazzi per la lettura, la scrittura e la narrativa, un team che ha tanta voglia di mettersi in gioco e diffondere la cultura nel web, un team ben consolidato di cui faccio parte anch'io, con grande piacere. 

E allora proseguiamo la nostra avventurosa partnership, con la recensione di una giovane esordiente dall'indubbio talento: quest'oggi parliamo di Fuori dal baratro! Cultura cittadina e perversioni moderne di Eliaba: buona lettura!


Zì ‘Ntonie è un centenario abruzzese, saggio, duro e coriaceo come la sua terra. 
   Ma Zì ‘Ntonie è anche il protagonista di Fuori dal baratro! Cultura cittadina e perversioni moderne, il simbolo di una cultura contadina che, nel pensiero dell’uomo contemporaneo, non ha meritato il suo degno posto nella storia, un testimone silenzioso di eventi, cambiamenti e, troppo spesso, degenerazioni della cultura dell’”animale uomo”.
   Il merito di far rivivere le sue parole è del buon Elìaba (pseudonimo di Donato De Francesco) che, nel suo volume, ha deciso di ripercorrere insieme al lettore anni di confronti con l’anziano sapiente.

Una scelta difficile, poiché sviluppare un intero volume giocato esclusivamente su una serie di riflessioni sulla cultura, la religione, la società civile (e non) non è avvero cosa semplice, piuttosto riuscita ma che non convince in toto: lo sviluppo dei temi procede logico e lineare, la sostanza c’è ed è ben evidente, tuttavia lo stile, nonostante si sviluppi in forma dialogica per la complessiva durata del libro, risulta a tratti prolisso e, in rari casi, pesante.

Fattori che, tuttavia, non intaccano la bellezza del flusso “istintivo” dell’anima, capace di criticare con giusta ferocia l’ossessione moderna di creare “pacchetti nozionistici” finti, sterili, prodotto di una cultura troppo impegnata a preservare lo status quo di pochi eletti e a uccidere senza pietà l’ingegno e le capacità che crescono innate nella nostra specie.

L’intera, corposa opera si basa sulla dualità, sul contrasto tra cultura contemporanea, con tutte le miserie di un contesto storico infelice, corrotto, marcio al suo stesso interno, e desiderio profondo di un vero e proprio ritorno alla sacralità della cultura contadina, quella più autentica, fatta di valori profondi e troppo spesso marginalizzata, ignorata.
   Una lettura che va affrontata con serietà e impegno, dedicata a coloro che vogliono guardare oltre, liberarsi dalle pesanti catene che ci siamo costruiti con le nostre stesse mani, far librare quelle ali che ci sono state donate per volare sempre più in alto, non per vivere un’esistenza omologata e vigliacca.